- I
Magredi La
presenza dei Magredi quale elemento paesaggistico
caratterizzante gli ambienti naturali dell'alta pianura
friulana, trova la sua spiegazione nella presenza di
quegli imponenti fenomeni glaciali che coinvolsero
nell'ultimo milione di anni il nostro arco alpino e
prealpino. Al termine di ogni fase fredda, le abbondanti
acque fluvioglaciali, scendevano verso la pianura con
straordinaria energia, alimentate dalla fusione delle
enormi calotte glaciali durante i periodi di innalzamento
della temperatura. La loro capacità erosiva era
tale da permettere il trasportando di ingenti
quantità di materiali rocciosi pesanti e
grossolani, strappati al fondo degli scoscesi versanti su
cui erano incastonate le strette valli alpine che essi
stessi contribuivano a scavare profondamente. Tali
materiali furono abbandonati e sparpagliati a
ventaglio in forma di enormi coni, al piede della
montagna allorché, allo sbocco delle valli verso
la pianura, i torrenti perdevano gran parte della propria
energia. Materassi
permeabili
di enorme potenza e spessore, costituiti da frammenti
rocciosi rimaneggiati in forma di ciottoli e ghiaie,
costituiscono una fascia quasi continua tra i rilievi e
la bassa pianura. L'ossatura principale di tale
architettura è rappresentata, dal complesso
detritico rappresentato dai conoidi del
Cellina -Meduna che si estendono sui territori dei comuni
di Cordenons, S.Quirino e Vivaro fino a Maniago. Esso
è così imponente da rendersi visibile su
scala nazionale come un estesa macchia
biancheggiante nelle foto satellitari che ritraggono la
nostra penisola. Magredo
significa prato magro. Magro
perché costituito da una copertura di erbe
selvatiche ed arbusti con poche esigenze idriche,
adattate a vivere su di un suolo estremamente permeabile
ed arido, così avido d'acqua da essere incapace di
trattenere e restituire anche una piccola parte di quelle
generose precipitazioni tanto abbondanti da rendere il
Friuli la regione più piovosa d'Italia. Più
a valle, lungo la fascia delle risorgive, dove i sostrati
ghiaiosi lasciano il posto alle argille, la stessa
pianura che nella parte alta è così avara
di acqua, la restituisce con gran
generosità in un intrico di rivoli, rogge ed
olle immerse nella vegetazione verdeggiante. Magro,
arido, sasso, arbusto, gramigna
sequenze di
parole
aspre, dure, che da sole basterebbero
ad evocare l'immagine di un paesaggio desolato, ma anche
dolcemente melanconico, vasto, immenso. Così
parole altrettanto efficaci potrebbero essere: cielo,
nuvole, terra, silenzio, spazio, vento. Come
sempre succede dinanzi al manifestarsi imponente di un
fenomeno naturale l'uomo riscopre qui la sua reale
dimensione, e si riappropria con immediata
spontaneità del suo riconoscersi limitato, parte
di un tutto che lo circonda e lo avvolge.
Il
magredo dunque rispetto a chi ha provato semplicemente a
camminarvi in solitudine, ma soprattutto nei confronti di
chi per secoli su queste terre magre ha consumato la
propria esistenza, come ogni cosa che appartiene
all'esperienza, alla memoria e alla cultura di un popolo,
si trasforma da luogo reale in luogo mentale, dal quale
mai le proprie genti potranno prescindere senza perdere
parte della propria identità. Con la
stessa tenacia con cui le genti friulane hanno dissodato
le terre aride dell'alta pianura, ricominciando da capo e
rimboccandosi le maniche dopo ogni calamità
(terremoto o alluvione che fosse), così, con la
medesima ostinazione, le erbe coriacee e legnose e gli
arbusti, hanno aggredito i sassi del greto. Li hanno
bloccati imbrigliandoli con la loro fitta trama di radici
lungo i margini dell'alveo risparmiati dalla furia
delle piene. Si e cosi consolidata nel tempo una
vegetazione frugale che sfrutta l'esile spessore del
suolo rossastro che essa stessa nel corso dei
secoli, con enorme "pazienza", ha contribuito a
formare. Eppure l'aspetto povero e dimesso di queste
praterie aride non deve ingannare, infatti, è
proprio qui, su questi Magredi, che si rileva una
ricchezza di specie, fra le più elevate nel
panorama nazionale. Solo questo sarebbe sufficiente per
giustificare un'urgente intervento atto a garantire il
futuro di queste preziose lande e trasformarle in
riserve biogenetiche, in sorta di banche ove
conservare questo straordinario patrimonio di
biodiversità che ci appartiene. Tutta la
storia e la cultura delle genti che hanno abitato
tali luoghi è legata alla natura di questi terreni
sassosi. Le loro case erano costruite con i semplici
materiali raccolti lungo il fiume a rispecchiare quasi
un'empatia fra il sobrio, duro stile di vita di
queste popolazioni e la forma pulita ed essenziale dei
sassi di greto con cui le loro stesse dimore erano fatte.
Sul sasso esse hanno coltivato le viti, hanno fatto
pascolare le greggi, hanno colto il povero ma profumato
foraggio nei periodi della fienagione. I Magredi
rappresentano uno degli ultimi esempi di paesaggio di
tipo steppico così vasto e originale a livello
peninsulare e sicuramente l'ultimo dell'Italia
Settentrionale. Fra le specie di erbe, alcune sono
così rare e circoscritte che la sola scomparsa di
alcune porzioni di magredo si tradurrebbe nella loro
stessa scomparsa. In
primavera tra le belle e vivaci fioriture delle
Ginestrelle, del Timo, dell'endemica Mattiola, delle
numerose e diverse orchidee selvatiche dalle elaborate
colorate e fantasiose fogge, spunta qua e là
qualche cespo di una strana pianta: la Crambe tataria. I
Magredi del pordenonese rappresentano l'unica stazione in
Italia di questa specie, originale nell'aspetto, quanto
nel nome e nella storia che la riguarda. La più
suggestiva e plausibile ipotesi la vuole importata
involontariamente attorno l'anno mille, con l'invasione
degli Ungari. Essi forse la introdussero dalla lontana
puszta ungherese, attraverso i semi attaccati agli
zoccoli dei loro cavalli. Come nella puszta ungherese, o
come avviene per altre erbe, nelle aride steppe dei
deserti del centro America, così, qui da noi, la
Crambe tataria dopo essere sfiorita, nella tarda
primavera si disseca. Essa si lascia trasportare priva di
vita, errando in balia del vento. I suoi cespi
rinsecchiti rotolano inquieti distribuendo nell'assolata
prateria i semi che cadono dai frutti oramai senescenti.
Con lo stesso senso di tragica libertà, i rami dei
salici si agitano al vento, ondeggia il mare dorato della
stipa pennata, chiamata anche erba delle fate e
volteggiano nel cielo i grandi rapaci. Poiane, Gheppi,
Albanelle, cacciano le numerose prede che riescono a
scorgere con facilità in questi spazi vasti ed
aperti. Essi, assieme alle Aquile che a volte scendono
dalle vicine montagne, disegnando nell'azzurro, cerchi
ampi e precisi, sono rimasti gli ultimi guardiani dei
magredi. Il loro volo alto, le loro grida acute, sembra
quasi un drammatico monito verso l'uomo moderno e la sua
avida civiltà, a difesa di quest'ultimo caposaldo
naturale che da sempre, prima di tutto, è
appartenuto a loro. testo a
cura di Stefano Fabian
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gli aspetti geologici
FORUM
delle ASSOCIAZIONI
per
la tutela dei " MAGREDI del CELLINA "
del Friuli Venezia Giulia
Forra del
Cellina
Il greto del
Cellina
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Crambe
tataria
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Daphne
cneorum
Brassica
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Area: |
Tipologia del suolo: |
Grado di tutela: |
Comune/i: |
Località: |
Superficie: |
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Magredi
di |
magredo in varie fasi di crescita, esteso fino alla linea delle risorgive |
Area di reperimento: "Magredi del Cellina",Siti Natura2000, Comunità Europea direttiva 92/43 life |
Cordenons (Pn) |
Cordenons |
ha 757 |
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Magredi
di |
suolo primitivo a tratti alterato in vicinanza dei torrenti Cellina e Meduna |
Siti Natura2000, Comunità Europea direttiva 92/43 life |
Vivaro, Cordenons (Pn) |
Vivaro |
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Magredi
di |
lembi di prateria e di suolo alterato in fase di ripresa |
Siti Natura2000, Comunità Europea direttiva 92/43 life |
San Quirino, Montereale Valcellina (Pn) |
San Foca |
- |
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Magredi
di |
vasti tratti di prateria a sfalcio |
Siti Natura2000, Comunità Europea direttiva 92/43 life |
Maniago, Montereale Valcellina (Pn) |
Dandolo |
ha 546,5 |
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Magredi di Campoformido |
vasti tratti di prateria, magredi evoluti |
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Campoformido (Ud) |
Rivolto |
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Magredi
di |
prati stabili, magredi evoluti |
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Pasian di Prato e Martignacco (Ud) |
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Magredi di Remanzacco |
lembi di prati stabili, magredi evoluti |
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Remanzacco |
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